TU QUOQUE,
BRUTE, FILI MI anche tu, Bruto,
figlio mio. È
la frase
pronunciata da G. Cesare alle Idi del 44 a. C. quando si accorse che tra i
congiurati che lo pugnalarono a morte, era presente anche Bruto, figlio di
Servilia, sua amante. Oggi si usa soprattutto in forma abbreviata tu quoque
per esprimere un’addoorata sorpresa verso chi abbiamo beneficiato e ci
ripaga con l’ingratitudine.
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